Stanza 8 – Il canto del mare
L’assorbimento della luce da parte dell’acqua rende la visione in mare particolarmente difficile, specialmente ad alte profondità. Così molte creature marine hanno sviluppato nel loro cammino evolutivo la capacità di comunicare tramite suoni: una serie di suoni complessi che vengono ripetuti in occasioni specifiche, dal corteggiamento, al richiamo per la presenza di cibo, al pericolo.
Purtroppo l’aumento del rumore ambientale nel mondo oceanico, a causa della navigazione a motore, preoccupa molti scienziati al punto che è nata una nuova scienza – la bioacustica – che permette di osservare e studiare l’ecosistema marino attraverso i suoni. Grazie alla bioacustica vengono svolte campagne di studio che mirano al monitoraggio dello stato delle risorse, dei fondali e delle fluttuazioni degli stock ittici, con l’obiettivo di caratterizzare la distribuzione dei pelagici e la loro interazione con attività umana, utilizzando ecoscandagli multifrequenza ed avanzate tecnologie acustiche.
Benché sia una scienza molto recente, è già riuscita a rilevare grandi cambiamenti come quelli avvenuti nella baia di Balicasag, area marina protetta nelle Filippine, una grande barriera corallina brulicante di vita. Quello che è stato registrato nel 2016 dal biologo marino Steve Simpson, uno dei primi ad occuparsi di bioacustica, è stata una violenta tragedia. In tre settimane, un innalzamento della temperatura ha letteralmente cotto la barriera. Oggi questo tratto di barriera è più silenzioso del 75%. La complessità e la diversità del suono è scomparsa, diventando un deserto acustico.
“Se non facciamo qualcosa – esorta Steve Simpson – la colonna sonora degli oceani rischia di scomparire”. Una complessità che non riusciamo a percepire con le nostre orecchie ma che oggi abbiamo imparato a conoscere grazie a potenti strumenti di misurazione e che non possiamo più ignorare.
CREDITI
© Audio-Video di Fabio Ferioli